Bi An

 

Gao Xingjian    L’ALTRA RIVA  ( Bi an )

 

 

Scritta all’inizio dell’’86, pensando agli spazi del Teatro dell’Arte Popolare di Pechino, non andò mai in scena in Cina, poiche le autorità bloccarono le prove giudicando la commedia“politicamente pericolosa”.

L’altra riva fa parte della seconda fase creativa di Gao Xingjian (Premio Nobel per la letteratura nel 2000) che costituisce il segmento più ampio della sua produzione teatrale e quello di maggiore portata innovativa a livello internazionale: queste opere sono accomunate da una forte interiorizzazione, da una lingua sperimentale particolarmente evocativa e da temi legati alla filosofia buddhista. Inoltre la trama, già esile nelle opere precedenti, é continuamente sul punto di disfarsi, trattenuta appena da uno stile in prosa che sembra voler cedere il passo alla libertà dei versi.

Si tratta di una commedia breve ma complessa. L’intreccio é costituito da una serie di unità narrative disunite che non sono necessariamente connesse fra loro, anche se strutturate in maniera coerente. Ogni unità dunque può essere considerata autonoma, interessante e con un suo proprio significato. Gao la considera un dramma puro:”…io la intendo come una rivelazione, un modo per ritrarre alcune esperienze e alcuni sentimenti della vita in una forma drammaticamente pura, così come é pura la musica.”

Il titolo si riferisce al  paramita, la terra dell’illuminazione nel buddhismo.Secondo la fede buddhista é possibile attraversare il fiume della vita -dalla riva della delusione e della sofferenza all’altra riva dell’illuminazione- coltivando e perfezionando le virtù paramita della carità, moralità, pazienza, energia, meditazione e saggezza. Attraverso l’opera si rivela la tragedia fondamentale della vita umana: i personaggi, infatti, dopo aver attraversato il fiume e raggiunto l’altra riva, realizzano che non possono raggiungere l’illuminazione e che sono ancora intrappolati nelle delusioni e nelle sofferenze della loro vita precedente, dalle quali non c’é scampo. Dice infatti Gao introducendo l’opera: “E’ destino che l’individuo sia incapace di acquisire la verità ultima, che é conosciuta come Dio o l’altra riva”.

Nel complesso si potrebbe dire che due sono i problemi che scaturiscono dalla commedia: il comunitarismo e la salvezza personale. Nella scena di apertura, il gioco di corde illustra lo stabilirsi delle relazioni interpersonali e il valore e la necessità della vita comunitaria. Tuttavia le corde sono presto oggetto di controllo e trasformano le relazioni in associazioni ineguali sottoposte alla regola totalitaria. Dopo l’attraversamento del fiume e una temporanea beatitudine caratterizzata dalla mancanza di linguaggio, la moltitudine riacquista la parola, che si rivela però ben presto strumento di inganno e di violenza. La necessità di una guida spinge la folla a far pressione sull’Uomo- che può essere considerato l’eroe de facto della piéce- perché  assuma il ruolo di protagonista. Il rifiuto dell’Uomo e la sua ricerca di autonomia fa cadere il gruppo nelle mani di un manipolatore di carte che volutamente confonde la realtà con la falsità e l’illusione. I  vari episodi nella prima parte della commedia, che all’inizio appaiono frammentari, hanno ora un’unità tematica che sottolinea l’errore del comunitarismo, facilmente capace di degenerare in cieca obbedienza, violenza e gioco di manipolazione da parte di un leader. Le scene successive descrivono la ricerca dell’Uomo di salvezza personale e di indipendenza nella comunità umana: soffocato, frustrato e senza amore, egli tenta freneticamente di raccogliere i pezzi della sua vita (le braccia e le gambe dei burattini che giacciono sotto il telo nero) senza riuscirci. Come Dio, crea infine una propria versione della società umana fatta di marionette, entro le quali rimane tuttavia intrappolato quando i loro movimenti si fanno troppo frenetici e immotivati. Per tutto il tempo, le sue azioni  sono controllate dalla presenza sottintesa del Maestro Zen che getta “un occhio freddo di indifferenza” sulla futilità delle imprese umane. All’individuo non resta che cercare rifugio “nell’oscura e nebulosa foresta del suo cuore”, ricordando la vita passata e ricercando un equilibrio precario fra il sé e il mondo esterno.

Un’altra lettura della commedia é quella che ci indica Gao stesso nelle note di produzione: un training per gli attori, un esperimento di ricerca teatrale che utilizzi il teatro orientale come punto di partenza. L’altra riva é infatti l’opera che maggiormente realizza la convinzione di Gao Xingjian che il teatro di oggi, così come l’Opera di Pechino, sia incentrata sull’attore e che la comunicazione col pubblico dipenda soprattutto dalla immediatezza dello spettacolo che gli attori forniscono. E’ qui che, per la prima volta, Gao mette in pratica la sua idea di “attore neutro”:”…La mia concezione…consiste nell’evidenziare tre stadi nel processo di recitazione degli attori:l’io (l’individuo), l’attore (la sua qualità), e il ruolo. Nel processo che vede l’attore entrare nel suo ruolo, esiste una tappa intermedia che io chiamo l’attore neutro. Se si osserva bene un attore dell’Opera di Pechino il processo é chiaro: l’individuo comincia ad uscire progressivamente dalla sua vita quotidiana e ad entrare nello stato di attore neutro. Mentre si veste e si trucca, a poco a poco, si va purificando: é la neutralizzazione. Quando ha concluso questo processo, il suo aspetto generale, la sua voce, il suo sguardo, la sua respirazione, sono quelli di un altro uomo. Senza essere ancora entrato nel ruolo che gli é stato attribuito, sta nella fase di passaggio e conserverà delle tracce di questa fase sulla scena….C’é un momento chiave in L’altra riva in cui si può toccare con mano questo fenomeno: quando gli attori raggiungono l’altra riva, si sdraiano per terra, rilassano i loro corpi e ascoltano la musica. Mentre lasciano che la musica evochi in loro dei sentimenti, ecco che i loro corpi non sono più motivati dalle idee: questo é un processo di auto-purificazione. A cominciare da questo momento, gli attori saranno capaci di dimenticare se stessi e di focalizzare l’attenzione sui movimenti del proprio corpo e sull’ascolto delle loro stesse voci. E l’Ombra, il super-ego dell’Uomo, é la manifestazione fisica dell’attore neutro sulla scena: egli é lì per osservare, valutare e anche prendersi gioco dell’Uomo nel momento in cui il sé incontra l’altro.”